Non solo pareti, ghiacciai, corde fisse e difficoltà ma anche emozioni e sentimenti...
"Ora, dopo aver assassinato il nostro dio, non siamo più preda della tensione. La preghiera si è spenta, il fanatismo si è dileguato, siamo ritornati sobri abitanti del nostro sobrio mondo". Così scrive Dusan Jelincic al campo base dell’Everest, dopo aver tentato di salire il Tetto del mondo dal versante nepalese. Ha terminato un viaggio che lo ha portato ai limiti della vita e poi lo ha riportato indietro, nella regione degli uomini. In questo libro Jelincic non racconta tanto di pareti, ghiacciai, corde fisse, difficoltà alpinistiche - i classici ingredienti di ogni diario di spedizione -, ma preferisce soffermarsi sul mondo interiore delle proprie emozioni e dei propri sentimenti: "Man mano che scrivevo mi accorgevo che volevo scrivere qualcosa di nuovo. E notavo che le cose veramente nuove sono quelle irripetibili. E l’unica cosa irripetibile è l’animo umano. La montagna è diventata una scusa per poter raccontare di me".